Blog | 18 Febbraio 2021 | Fabio Ciarla

Biondi Santi, primo compleanno di una degustazione illuminante

Oggi festeggio il primo compleanno non di una persona ma di un evento, una degustazione che difficilmente mi ricapiterà.

Perché aspettare un anno? Le motivazioni sono diverse, non ultima quella che ti vede piccolo piccolo davanti ad una storia tanto grande, raccontata più volte da giornalisti e critici che sicuramente hanno saputo fare meglio del sottoscritto. Insomma, un po’ per timore dei confronti e un po’ per reverenza non sapevo se era il caso di scriverne. Poi mi sono tornate in mano le fotografie della mattinata passata nella tenuta Greppo e mi sono detto: Fabio ma quando ti ricapita un’occasione del genere, devi far schiattare di invidia i tuoi amici!

A parte gli scherzi, proverò a fare un riepilogo della degustazione e della chiacchierata fatta sperando di aggiungere qualcosa al tanto che già è stato scritto, ma prima voglio fissare il concetto che più di altri mi ha colpito e che è strettamente legato alla mia esperienza. Pur avendo una certa dimestichezza con il vino (e dei vini Biondi Santi avevo già avuto modo di fare una splendida panoramica al Vinitaly 2016) non mi ritengo un degustatore dalle conoscenze illimitate, in grado di fare paragoni, ad esempio, tra lo stile dei grandi Chateaux francesi e i migliori Brunello, oppure capace di raccontare le caratteristiche di tutte le prinzipali sottozone di Barolo. Per farlo servono anni e anni di studio e, soprattutto, quei vini devi berli tutti, e più volte, per poterti azzardare a parlarne nel dettaglio. Pochi al mondo sono in grado di farlo con cognizione di causa, e non è solo una questione economica, servono le occasioni e spesso anche le compagnie giuste per approcciarsi a certi contesti, devi vivere i luoghi e conoscere i produttori. Si tratta in fondo delle migliori cantine del mondo, vini mitici e a volte solo immaginati anche in virtù di prezzi di mercato inavvicinabili, per i quali spesso la riflessione che sorge è: se anche volessi fare una pazzia e comprare quel determinato vino, sarei poi in grado di apprezzarne davvero le qualità, il carattere, l’unicità? Ho davvero gli strumenti necessari a “capire” un vino così? Ecco, dopo la degustazione del 18 febbraio 2020 alla tenuta Greppo sono arrivato alla conclusione che a questa domanda si possa rispondere convintamente con un sì. Almeno nel caso del vino che ho avuto la fortuna di assaggiare. Perché degustare il Brunello di Montalcino Riserva 1975 firmato da Franco Biondi Santi, a 45 anni di distanza, significa avere “l’illuminazione”, se mi concedete l’enfasi. Insomma, un vino così ti fa capire un sacco di cose, e la spiegazione è semplice: in casi come questo non devi possedere chissà quali conoscenze per renderti conto di avere nel bicchiere qualcosa di unico, basta porsi in ascolto. L’eccellenza, in fin dei conti, la sanno riconoscere (quasi) tutti.

 

LA DEGUSTAZIONE

Brunello di Montalcino Docg Riserva 2012

Si tratta dell’ultima Riserva vendemmiata dal “dottore” Franco Biondi Santi, uscita dall’azienda con un anno di più di affinamento, una scelta ponderata visto lo stile austero del vino, subito premiato comunque con i 100/100 da Wine Enthusiast.

Un vino che al naso si presenta elegante, con sentori di spezie, cipria e gesso, fino ad arrivare poi al frutto, richiamando note vegetali importanti, infine liquirizia. In bocca davvero netto e verticale, lungo e persistente.

 

Brunello di Montalcino Docg Riserva 2010

Un vino che è non solo è austero ma in una fase cupa, intensa, quasi impenetrabile. Al naso emergono le note verdi insieme a sentori ematici e al bastone di liquirizia, mentre non manca la frutta sia rossa sia nera. Al palato ha una bella stoffa, ottima l’acidità ma in perfetto equilibrio con il resto.

 

Brunello di Montalcino Docg Riserva 2007

A dispetto dell’età, di certo non il più “anziano”, sembra quello meno brillante della batteria. Intendiamoci, un bel vino, al naso è fruttato ed emergono in sequenza frutti di bosco, note balsamiche e gessose mentre in bocca c’è spessore e persistenza, in una beva ampia ed elegante.

 

Brunello di Montalcino Docg Riserva 1998

Splendido, davvero un grande vino. Al naso spicca la ciliegia matura, poi arrivano le note vegetali e speziate, ritorna come nelle altre annate la cipria e fanno capolino accenni balsamici. In bocca è assolutamente perfetto, lungo ed elegante.

 

Brunello di Montalcino Docg Riserva 1983

Andando indietro con gli anni diminuiscono i descrittori, ma non si tratta di mancanze nel vino, solo di maggiore precisione. Questo quasi quarantenne ha un colore netto, bello e luminoso, solo l’unghia comincia a virare verso il granato. Al naso i terziari sono lunghi, ritorna la nota di cipria in un effluvio elegante. Al palato eleganza e finezza, con una salivazione persistente.

 

Brunello di Montalcino Docg Riserva 1975

Ed eccoci al vino che è stato definito uno dei migliori degli ultimi 100 anni. Nel bicchiere si presenta con un colore vivo dal quale emerge un accenno granato solo sull’unghia. Per le sensazioni olfattive non trovo parole, mi viene solo da dire “spaziale”. Nel senso di elevatissimo e allo stesso tempo raro. Si sente il frutto sotto alcune note più cupe e mature, poi arriva la nota balsamica insieme a tanto altro. Anche in bocca la freschezza è immediata, ricorda la caramella balsamica, è vivace, elegante ed equilibrato, sapido, con acidità perfetta… Insomma mai e poi mai diresti che è un vino di 45 anni, eppure capisci che hai di fronte qualcosa di ricco e coinvolgente come solo un grande invecchiamento sa offrire.

 

 

L’AZIENDA

Date le premesse do per scontato che nessuno si aspetti la storia di quella che è a tutti gli effetti un’istituzione non solo in Italia, ma nel mondo. Nel tempo della degustazione ho avuto modo però di fare una chiacchierata con Giampiero Bertolini, amministratore delegato della Biondi Santi da fine 2018, che ha tracciato un quadro molto interessante delle novità che l’azienda ha messo in campo. Espressione non usata a caso visto che la prima e forse la più importante riguarda proprio le vigne, con un grande lavoro di parcellizzazione della tenuta in collaborazione con il famoso agronomo e geologo cileno Pedro Parra. Un progetto lungo tre anni avviato con la scannerizzazione dei vigneti tramite ben 33 scavi, analizzati poi singolarmente. Su indicazioni di Parra sono state già individuate 12 parcelle che saranno studiate nelle prossime vendemmie con delle microvinificazioni. Passaggio fondamentale all’interno di uno sforzo importante voluto dalla nuova proprietà, il gruppo francese Epi guidato dalla famiglia Descours, con investimenti sulla parte produttiva a cominciare dal rinnovo dei vigneti con un espianto graduale iniziato nel 2017, per concludersi probabilmente nel 2023, eliminando così piante virosate o ormai non più qualitativamente interessanti, pur mantenendo quelle più vecchie risalenti al 1930. Un approccio razionale ma che vuole mantenere la coerenza con il passato, senza interferire con lo stile Biondi Santi si cercherà di essere più precisi sulla qualità. In un’ottica di espansione è stata anche acquistata una nuova tenuta in zona San Polo di 6,6 ettari, tutti a Brunello di Montalcino. Stessa altitudine e stessa esposizione a sud-est del Greppo, un acquisto perfezionato a metà 2019 dopo aver esaminato 23 dossier diversi e aver visitato 12 tenute, che ha portato così a 33 ettari il totale vitato aziendale.

Novità anche per i mercati, per esempio con alcune piccole modifiche alle etichette che distingueranno meglio la Riserva dall’annata, oltre a inserire un prooftag anticontraffazione. Saranno poi messe in commercio delle “back vintages”, una l’anno, con l’etichetta tradizionale ma sulla retro un’aggiunta che certifica quando la bottiglia è uscita dalla cantina. La novità più consistente, in questo campo, è però il debutto del formato magnum, finora mai prodotto. Le prime 500, della Riserva 2012 con la dedica a Franco Biondi Santi in etichetta, non saranno in vendita al pubblico ma saranno utilizzate per la presentazione in contesti eccezionali. Saranno invece in commercio le magnum delle Riserve dopo la 2012 e del Brunello di annata dalla vendemmia 2015. Cambiamenti sì ma nessuna rivoluzione, ci tiene a chiarire con forza Bertolini, che spiega anche la voglia di rifocalizzare la proposta su un vino fatto per invecchiare ma anche da bere, senza la necessità di aspettare per forza 20 anni per poterlo apprezzare.

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