Blog | 10 Gennaio 2022 | Fabio Ciarla

Lacrima, Vernaccia, Bianchello, Maceratino… altro che doc “di Nicchia” delle Marche

Riflessioni al termine di un illuminante ciclo di webinar, con degustazione, organizzato dall’Istituto Marchigiano Tutela Vini. Grandi i Verdicchio, ma la costa propone anche interessanti rossi da vitigni autoctoni

Definite Doc “di nicchia”, in effetti sono piccole e a volte piccolissime a livello di numeri, hanno tuttavia dimostrato di avere diverse cose da dire e rappresentare una parte importante dei vini e dei territori delle Marche. Parliamo di Lacrima di Morro d’Alba e Serrapetrona per i rossi, Colli Maceratesi e Bianchello del Metauro per i bianchi. Un quartetto con una certa variabilità interna, anche a livello di numeri, e un approccio molto autentico al territorio e ai consumatori, anche in virtù del focus su vitigni autoctoni poco o nulla presenti altrove.

I riflettori su queste produzioni si sono accesi durante la serie di degustazioni online organizzate dall’Istituto Marchigiano Tutela Vini per i giornalisti specializzati, un’attività complessa ma che ha raggiunto l’obiettivo di far conoscere anche i territori più piccoli, con la loro storia – in alcuni casi millenaria – e le loro tradizioni.

Per le Marche è facile parlare di grandi bianchi, come dimostra il nuovo corso del Verdicchio sia a Matelica sia a Jesi. Così facile che ovviamente si fatica a vedere che c’è anche altro, come appunto il Bianchello e la Ribona (o Maceratino). Due vin che nella loro semplicità offrono un ventaglio di soluzioni piuttosto interessanti, affatto banali e anzi con una capacità di raccontare il territorio davvero notevole.

Il “problema” (ad avercene di problemi del genere) dei grandi bianchi è legato anche all’oscuramento dei grandi rossi, sia a livello di Docg (Conero, Offida, Vernaccia di Serrapetrona) sia a livello di Doc. Tra queste la Lacrima di Morro d’Alba sembra la più promettente per caratteristiche e condizioni pedo-sociologiche, se mi è consentito il termine. In pratica il vitigno ha riconoscibilità e originalità, mentre la massa critica di produttori sembra numericamente e idealmente pronta a innescare un movimento di crescita e di affermazione. Si tratta in effetti della terza Doc rossa della regione, dopo Rosso Conero e Rosso Piceno, e vanta personaggi che fa tempo lavorano per farla conoscere nelle sue varie sfaccettature. Protagonisti della degustazione online sono state le cantine Stefano Mancinelli, Moncaro, Marotti Campi, Azienda Agricola Lucchetti, Conte Leopardi e Tenute Cesaroni. Si va dai progenitori della Doc, Mancinelli era proprietario di 4 dei primi 7 ettari certificati alla nascita della denominazione nel 1985, ad aziende nuove come Tenute Cesaroni; da cooperative concentrate sulla qualità e sulla sostenibilità come Moncaro (biologici 300 ettari sui 1000 gestiti) a realtà importanti per dimensioni e storia come Conte Leopardi; infine aziende innovative come Lucchetti ma anche solide e orientate all’export come Marotti Campi. Tutte impegnate con un’uva del tutto particolare, conosciuta da molti per le particolari caratteristiche olfattive ma spesso una sorpresa nel bicchiere, dove riesce ad esprimersi con imponenza non tanto per semplice corpo ma per l’equilibrio. Un vitigno versatile, Mancinelli ne produce sei tipologie diverse, ma anche delicato, che ha una forte carica terpenica tanto che per qualcuno è il Sauvignon Blanc dei rossi. Assaggi difficili da dimenticare, che a quanto pare riescono a strappare più facilmente appassionati all’estero che in Italia, sebbene siano ancora poche le aziende capaci di portare nel mondo un vitigno e un territorio sconosciuti ai più. Ma questa deve essere interpretata come un’opportunità, non un limite.  

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