Blog | 18 Gennaio 2018 | Fabio Ciarla

Imparare giocando, da G.D. Vajra si può. Vi racconto l’Ampelo Contest

Sul manuale di istruzioni che ci hanno fornito è scritto separato “Ampelo Contest” ma credo si possa farne una sola parola: Ampelocontest. Si tratta del gioco inventato dalla famiglia Vaira con la consulenza di una grande studiosa come la professoressa Anna Schneider, per spiegare qualcosa di più delle Langhe e del Barolo agli ospiti del Progetto Vino di Collisioni 2017.

 

TEMA: riconoscere i diversi vitigni in pianta e, successivamente, i vini da essi prodotti in una degustazione alla cieca (ok, la degustazione c’entra fino ad un certo punto con l’ampelografia ma d’altronde a noi piace bere vino, mica mangiare foglie…)

 

SVOLGIMENTO: ci si vede tutti in cima al Bricco delle Viole e dopo aver ripreso i sensi, persi a causa della vista mozzafiato che si gode da lassù, ecco arrivare una sorridente professoressa Schneider che con l’aiuto di Isidoro Vaira ci spiega e ci mostra le varie tipologie di foglie e grappoli (siamo a luglio) raccolti in vigna. Nebbiolo nelle sue tre versioni (Lampia, Michet, Rosé), poi Dolcetto e Barbera, ma anche Sauvignon e altri. Parola a Francesca Vaira che ci spiega le regole della gara, ci mostra la mappa che seguiremo per raggiungere le viti da riconoscere, adeguatamente segnalate, forma le squadre e assegna i capo-squadra. A noi tocca Isidoro, Isi per gli amici.

Bottiglie di acqua fresche prese, chi vuole si infila le scarpe comode messe a disposizione dai Vaira (e forse avrei dovuto farlo anche io visto che indossavo sneakers messe la prima volta quella mattina!) e poi… via, si va in vigna.

Finalmente!

 


 

Non dovrei essere io a dirlo ma la nostra squadra era decisamente la più forte e unita, abbiamo seguito con attenzione le spiegazioni (chi più chi meno in realtà) e soprattutto Isi è un capo-squadra perfetto e con la nostra stessa voglia di vincere. Il risultato finale infatti ci darà ragione, nel senso che sulla parte ampelografica siamo risultati primi, peccato che poi alla degustazione non sia andata altrettanto bene. D’altronde i vincitori finali avevano in squadra un fuoriclasse come Rocco Lettieri che ci ha stracciato riconoscendo nelle diverse bottiglie degustate alla cieca i differenti vitigni e, soprattutto, che erano tutte della stessa annata. Poco male, l’onore è salvo, anche se avevo già preparato il mio commento in inglese per festeggiare il primo posto: “It wasn’t easy, but we had Isi!”.

 

Finita la cronaca vi racconto quello che ho imparato da questo pomeriggio, e dalla serata, trascorsa in casa Vaira. Innanzitutto che eravamo “a casa”, perché la famiglia Vaira (all’arrivo ci aspettavano Aldo e Milena, i genitori di Isi e Francesca, mentre il più grande dei tre fratelli, Giuseppe, era fuori Italia per lavoro) considera quelle vigne e il lavoro che vi si svolge come qualcosa di familiare, anche se le dimensioni dell’azienda prevedono necessariamente aiuti esterni. Ma l’aria che si respira è quella, che si tratti della professoressa Schneider o dei ragazzi che danno una mano in vigna, per non parlare di chi ha “affidato” loro la vigna. Il riferimento è alla cantina “Luigi Baudana”, una realtà importante per Barolo e quella che altrove si chiamerebbe una recente “acquisizione” dell’azienda G.D. Vajra. Ecco, Luigi Baudana era con noi a cena quella sera, elogiato per il lavoro fatto e invitato a parlare da Aldo Vaira che, appunto, sente soprattutto la responsabilità di aver ricevuto quelle vigne e quel nome da gestire. In questo momento di straordinaria spontaneità ho visto rispetto, fiducia, sincerità… valori che fanno di una bella impresa una realtà familiare nel suo senso più alto.

Valori immateriali, in parte, ma come mi sono trovato a scrivere in un precedente post, se le persone che fanno vino, ottimo come in questo caso, sono capaci di trasmetterti qualcosa di realmente positivo (e non è una competenza che si impara, devi avercela dentro) la sensazione finale che hai è di aver raggiunto uno stadio superiore.

Infine come non spendere due parole, proprio il minimo, per l’encomiabile lavoro fatto con il contest. L’Ampelografia è forse la più dimenticata delle specializzazioni che sono alla base del vino, partire proprio da qui dunque, sporcandosi mani e piedi, è un modo per ribadire il concetto che tutto parte dalla terra e dalla vigna. Il vantaggio per noi, dopo ore e ore passate in sale di degustazione (attività bellissima ma stancante) è stato sia fisico sia mentale. Abbiamo preso confidenza con i principi della tecnica di osservazione ampelografica quindi la tomentosità delle varie parti del tralcio, la forma della foglia, la forma della base del seno peziolare e dei seni laterali, la forma dei denti fogliari, il profilo del lembo fogliare, la tomentosità della foglia, la forma del grappolo maturo e la forma dell’acino. Una ricognizione veloce esplicitata solo per una decina di varietà, ma che ha aperto gli occhi anche ai più lontani dall’esperienza fatta su quanto vasto è il mondo della vitivinicoltura. Un regalo non da poco.

Ma se di regali dobbiamo parlare allora voglio citare la maglietta logata G.D. Vajra utilizzata per cambiarmi dopo la sudata fatta in vigna, i pomodorini e il basilico staccati dall’orto antistante i tavoli della cena e mangiati a morsi come aperitivo e, infine, i sorrisi pieni e mai di convenienza di tutta la famiglia Vaira.

 

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