Blog | 30 Giugno 2021 | Fabio Ciarla

Friuli Venezia Giulia, la degustazione che mi ha riconciliato con il Sauvignon Blanc

Dopo il grande successo di qualche anno fa, e in parte proprio per questo, il Sauvignon Blanc è un po’ sceso nei desiderata degli appassionati, almeno in Italia, me compreso. Le motivazioni possono essere tante, qualcuna ha a che fare sicuramente con il favore riscontrato nel mercato soprattutto per una certa tipologia di vino, quello dai sentori fin troppo marcati di vegetale e foglia di pomodoro, fino al consueto (ma per fortuna in remissione) “pipì di gatto”.

Ecco, con questo approccio mi sono preparato alla degustazione – vini spediti a casa e racconto fatto online – organizzata dal Consorzio DOC Friuli Venezia Giulia e guidata da Matteo Bellotto. Un incontro ristretto, con quattro vini da assaggiare e altrettanti colleghi con i quali soprattutto dialogare, capire, approfondire… Esperienza davvero molto interessante.

Così come interessante è sicuramente la scelta del Friuli Venezia Giulia di ricomporre sotto un’unica sigla tutti i consorzi di tutela della regione, un consorzio di secondo livello che raggruppa 10 Doc e 4 Docg, facendo parlare il territorio con una voce sola. Anche perché le complessità non mancano, a partire dalla media di 13 referenze per ogni azienda vitivinicola della regione, con una diversità pedoclimatica e ampelografica piuttosto rilevante nella quale comunque svettano Pinot Grigio e Glera che da soli coprono ben oltre la metà del vigneto totale del Friuli Venezia Giulia. Più indietro la Ribolla Gialla, in forte crescita, e proprio il Sauvignon, tema della degustazione di cui parliamo, declinato nelle espressioni di quattro aziende: Doc Carso Sauvignon 2019 di Castelvecchio, Doc Friuli Isonzo Sauvignon Blanc 2019 de I Feudi di Romans, Doc Colli Orientali del Friuli Sauvignon 2019 di Specogna e Doc Colli Orientali del Friuli Sauvignon “Colmatìss” 2018 di Tunella.

Un percorso studiato anche per far emergere le differenze di territorio e di microclima messe in mostra dai vini, ma con il filo conduttore di un Sauvignon che forse – come dice Bellotto – non è il primo vino che ti offrono da queste parti, ma che qui si esprime però in modo del tutto autentico. Non spinge sulle note vegetali e piraziniche, frutto spesso anche di uve poco mature e lavorazioni specifiche per esaltare certi profumi, come ha riassunto nell’appuntamento Gianni Fabrizio del Gambero Rosso. Piuttosto qui è la frutta che la fa da padrona, le note vegetali ci sono ma molto delicate e più da erbe aromatiche, e poi c’è questo finale che vira leggermente sull’amaro davvero molto particolare.

Una nuova e unica, forse anche più autentica per quanto mi riguarda, versione del Sauvignon Blanc rispetto alle tante etichette che arrivano da ogni parte d’Italia e del mondo. Con un accenno alle potenzialità di invecchiamento, appena intraviste con il Colmatìss”, che invece possono rappresentare un altro ottimo punto di forza per questo territorio.

Qualcosa che tuttavia, come per altre produzioni italiane e per il mercato nazionale soprattutto, va “spiegato” con un puntuale e costante lavoro di informazione verso i profili intermedi, che siano giornalisti, sommelier, enotecari e ristoratori. Un impegno che il Consorzio Doc FVG cerca di portare avanti nella sua sede, dove si può assaggiare ma soprattutto conoscere il territorio, analizzato tramite mappature su 3286 vigne e una mole di dati incredibile, da “vedere” anche attraverso schermi per collegamenti diretti con i produttori e approfondito, infine, con proposte di abbinamento utili a strizzare l’occhio proprio alla ristorazione. Servizi messi a disposizione degli operatori di settore gratuitamente, perché lo scopo è alzare l’asticella della proposta regionale con l’aiuto di chi deve raccontare i vini agli appassionati.

Un bel lavoro nel suo complesso, da andare a conoscere dal vivo appena possibile.

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