Blog | 28 Marzo 2018 | Fabio Ciarla

Frascati, una degustazione alla cieca per apprezzare i progressi di un territorio

Che ci si trovi di fronte alla storia del vino italiano siamo tutti d’accordo, il Frascati tuttavia è simile a un nobile decaduto che non riesce a redimersi definitivamente da un passato ingombrante seppur prezioso.

Un tempo, quello moderno, che vede invece questo territorio crescere, anche quantitativamente per fortuna, ma soprattutto qualitativamente, con tanti produttori che stanno riprendendo in mano la vocazione vitivinicola dell’area. Non si contano ormai, di anno in anno, gli abbassamenti di rese per ettaro imposti dal Consorzio, così come importante è la possibilità introdotta dal 2011 di produrre un Frascati al 100% Malvasia del Lazio (il disciplinare ora parla di 70% “minimo” di Malvasia del Lazio e/o comune). Certo siamo nella “possibilità” a livello legislativo, ma è comunque un segnale importante. Intanto i produttori sfruttano i terreni e la costante ventilazione, che dal mare giunge poi fino verso la valle del Sacco, giocando sulle varie altitudini dell’area, che parte dai 25 metri slm per arrivare a oltre 600.

Per comprendere dove sta andando il Frascati, il Consorzio di Tutela organizza quelli che potremmo chiamare “panel test” con gruppi di operatori ed esperti. Ho avuto l’onore di promuoverne uno, coinvolgendo sommelier e giornalisti, per una degustazione alla cieca di 36 campioni tra Frascati Doc, Frascati Superiore Docg (e alcune Riserve) e Cannellino Docg. Perché alla cieca? Una scelta del Consorzio che ho subito condiviso, perché nonostante tutto alcuni nomi potevano condizionare e, soprattutto, perché ad emergere doveva essere il territorio, i suoi caratteri ricorrenti, la qualità media. E il risultato è stato raggiunto, con assaggi interessanti in una batteria nel complesso buona. Piacevole lo spumante così come alcuni dei Cannellino (4 in totale) degustati, questi ultimi però afflitti dalla variabilità in fatto di residui zuccherini e concentrazioni, tra vini Amabili e altri decisamente più simili a Passiti. Basti pensare che in commercio ci sono Cannellino in bottiglia da 500 ml, stile passito appunto, e altri in normali bottiglie da 750 ml.

Detto questo passiamo ai Frascati, con qualche sorpresa tra nomi noti e nuove conoscenze, visto che ovviamente a fine degustazione si sono scoperte le carte, anzi le bottiglie. Considerando che ho rapporti di collaborazione con una delle aziende degustate, eviterò di parlarvi dei vini di questa realtà (che, per amor di cronaca, non ho “riconosciuto” in fase di degustazione e che comunque non si erano piazzati male) passando ai punteggi più alti di ogni tipologia.

Per il Frascati Doc 2016 (quindi, volendo, anche un po’ in là con le tempistiche di consumo classiche) bello e vivo il “Villa Simone” dell’azienda omonima, un vero Frascati a mio parere, con tutta la sapidità e l’acidità che si richiede. Pur considerando che di solito vengono bevuti qualche mese prima, comunque questi vini mi sono sembrati quelli meno in forma, sui quali forse è bene lavorare per allungare comunque un minimo la data di “scadenza”.

Nella batteria dei Frascati Superiore Docg 2016 vetta condivisa tra quello di Cantine Conte Zandotti e il “Philein” di Agricoltura Capodarco, entrambi molto espressivi, capaci di essere bevibili ma anche complessi allo stesso tempo. Questa tipologia, nell’insieme, ha restituito una media di valutazione maggiore, segno che è effettivamente ancora nel pieno delle proprie forze e, in alcuni casi, può dare ancora qualcosa.

Infine il Frascati Superiore Riserva Docg, categoria degustata con tre prodotti del 2016 e uno del 2015. Il migliore, nettamente, è stato proprio quest’ultimo, che rispondeva al nome di “Luna Mater” ed è della cantina Fontana Candida del gruppo GIV (il che spazza il campo dalle teorie sull’impossibilità di fare qualità da parte dei grandi produttori). Un vino capace di sfatare il mito della scarsa longevità dei bianchi laziali, concentrato il giusto ma molto piacevole e fresco, con sentori di fiori mediterranei e una degna persistenza.

Piccoli e grandi produttori, vecchie conoscenze e novità, sono caratteristiche che fanno del Frascati una realtà per certi versi unica, anche per questo difficile da inquadrare ma ormai da tempo al lavoro per migliorare anche l’immagine sul mercato. Di certo non esistono ricette facili, ma il cammino intrapreso sembra quello giusto.

 

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