Blog | 28 Gennaio 2015 | Fabio Ciarla

Musica e Vino, 12 abbinamenti per sfatare il mito dell’artigiano

Non è un argomento nuovo ma in fondo nella musica e nel vino probabilmente si è già detto e scritto di tutto, perciò non posso negarmi il gusto di far parte di questa moltitudine.

Vino e musica quindi e non per qualche abbinamento sporadico tra la canzone da ascoltare mentre si beve quel vino e viceversa, ma pensandoli allo stesso modo, fino a togliere di mezzo qualche luogo comune che ultimamente ha rotto più di qualche corda (almeno delle mie). Eh si, sto parlando ancora di vini naturali, artigianali e compagnia bella, contrapposti a quelli ultimamente definiti industriali. Dimenticando sempre che alla fine conta soprattutto quello che – nel complesso – il produttore è capace di portare nel bicchiere con una certa continuità (come ha detto bene Angelo Peretti su Internet Gourmet). Insomma ve li immaginate i Beatles a inventare la musica moderna con il clavicembalo? Che poi sia i Lucio Battisti sia i Rolling Stones, per dire, qualche pezzo brutto o, peggio, particolarmente piacione l’hanno pure fatto, ma nessuno si sogna di mettere in discussione la loro importanza e la loro classe incontrastata.
Io preferisco un bel concerto degnamente amplificato dei Pearl Jam (quest’anno me ne sono visti due) a un’esibizione di zampognari del mio territorio, che tuttavia sono sicuramente più naturali e suonano con più autenticità di un gruppo che fa un tour spostandosi da un continente all’altro con uno staff di centinaia di persone, agenti, addetti stampa e all’immagine… Intendiamoci, nulla contro zampognari e menestrelli, anzi mi fermo ad ascoltarli se li incontro per strada perché mi fanno entrare nell’atmosfera natalizia, ma poi anche fossero i più bravi del mondo dopo 5 minuti li saluto e proseguo.
Per farla breve e tornare al nocciolo della questione, voler imporre una patente di “superiorità” a certi produttori come se – al pari della musica – esistessero delle “Major enologiche” da considerare come la peste del settore forse il passo è troppo lungo. E non tiene conto del fatto che il vino è pur sempre un bene di consumo, anzi l’ambito di chi consuma e apprezza il vino deve essere allargato e non ristretto!
Ultimamente, nell’impossibilità di trovare una definizione esatta, ho letto su Intravino del concetto di artigianale, da contrapporre a industriale tramite un’analisi economica dei grandi marchi del vino nel mondo. Quindi, partendo dall’assunto di Veronelli sui vini del contadino, si elencano i big dell’enologia mondiale tratti da I Numeri del Vino con una considerazione di fondo del tipo: questi fanno vino industriale e quindi sono da mettere in secondo piano rispetto ai vini artigianali. Il problema è che poi si leggono nomi tipo Dom Perignon o Taittinger  e mi riesce difficile considerarli di secondo piano rispetto a un bel rifermentato in bottiglia con lieviti autoctoni fatto da un produttore biodinamico nella sua fattoria didattica a Vigata. Va bene il paragone è volutamente esagerato, però c’è qualcuno che la pensa in questo modo, e va rispettato, mentre altri – ed è ben peggio – parlano così in pubblico salvo poi correre alle degustazioni di Champagne millesimati.
Spero di essere stato chiaro sul perché trovo fuorviante contrapporre, e indicare come superiori, i vini artigianali a quelli realizzati secondo tecnica e venduti magari in tutto il mondo in quantità. C’è chi lavora bene e chi no, chi fa vini memorabili un anno si e uno no e chi invece fa vini molto buoni tutti gli anni e un vino indimenticabile ogni cinque. Non credo sia giusto dare patenti di supremazia tra le due diverse interpretazioni, anche perché la mia idea di vino democratico continua a farmi dire che è giusto che esistano musica e vini pop per tutti, tipo Antinori e U2, mentre alcune canzoni della coppia Sgalambro-Battiato come i vini ossidati della Georgia, pur essendo di elevato valore intrinseco, sono comunque per pochi. Ad ogni modo vi lascio una lista di accostamenti produttore-musicista che ciascuno potrà commentare, apprezzare o stigmatizzare come un’eresia. Personalmente appena li ho scritti ho già pensato di cambiarne qualcuno ma poi il post non lo finivo più…

E quindi…ecco l’ennesima play-lista!

Franco BattiatoFlorio
Lucio BattistiCasale del Giglio
BeatlesDom Perignon
Cesare CremoniniTavernello
Fabrizio De AndréBiondi Santi
Giovanni Lindo FerrettiMontevertine
Max GazzéCiccio Zaccagnini
Led ZeppelinKrug
Pearl JamRomanée Conti
RadioheadArnaldo Caprai
Rino GaetanoPodere Il Saliceto
U2Antinori

3 risposte a “Musica e Vino, 12 abbinamenti per sfatare il mito dell’artigiano”

  1. Mad ha detto:

    Qualche anno fa, durante una degustazione all’interno della manifestazione DeGustibooks Andrea Gori, sommelier e membro della famiglia Burde, nota gastronomia/ristorante di Firenze, ci fece degustare ogni vino con un pezzo rock diverso. Risale esattamente a quell’esperienza l’inizio della mia curiosità e passione verso il vino! PS: secondo te il Gewurztraminer è più pop o rock? 🙂

    • Fabio Ciarla ha detto:

      Burde è Burde, immagino sia stata una bella serata e i risultati mi pare lo confermino…
      Sul Gewurztraminer direi che è sicuramente POP nella sua versione più conosciuta, ma ne ho bevuti alcuni alsaziani da vigne “vecchie” che erano molto ROCK!

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