Comunicati | 9 Dicembre 2018 | Fabio Ciarla

INNOVAZIONE E COMPETENZA, LE NUOVE FRONTIERE DELL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

Innovazione e competenza sono le nuove frontiere della sostenibilità, in viticoltura come nell’agricoltura tutta, in un momento in cui il lavoro si sta evolvendo e progressivamente stanno nascendo nuove tecniche e prodotti più rispettosi dell’ambiente, del lavoratore e del consumatore. Questi i temi al centro del convegno organizzato ad Arezzo il 15 novembre scorso dalle Donne della Vite in collaborazione con Italpollina in occasione della manifestazione Agri@Tour 2018, a cui è seguita una tavola rotonda che ha approfondito i cambiamenti in atto nella ricerca e nella professione dell’agronomo, che richiede nuove competenze per introdurre tecniche sostenibili e al tempo stesso per comunicare l’impegno profuso al fine di dare garanzie alla società e ai consumatori. Una sfida che ha necessità di una definizione condivisa di sostenibilità.

“Oggi all’agricoltura si chiede di essere intelligente, rapida e resiliente, cioè ‘smart’ – ha debuttato Angelo Frascarelli, economista dell’Università di Perugia, aprendo il convegno moderato da Valeria Fasoli, agronoma e presidente delle Donne della Vite –  e di rispondere non con l’incremento degli input ma con l’innovazione e la conoscenza alla necessità per valorizzazione dei prodotti”.

La sostenibilità è una via obbligata e diverse sono le innovazioni recenti sviluppate per ridurre l’input di agrofarmaci e concimi. “Tra queste particolarmente promettenti sono sostanze e microrganismi denominati biostimolanti, che stimolano la crescita delle piante e ne aumentano la tolleranza a stress ambientali e l’efficienza d’uso delle risorse degli agroecosistemi edi quelle antropiche – ha confermato Giuseppe Colla, dell’Università della Tuscia, che si dedicada anni al loro studio. “I loro effetti si manifestano anche attraverso un’attivazione dei geni di difesa della pianta e stiamo continuando a farericerca sui meccanismi di azione per fare chiarezza e per consentirne un usosempre più appropriato”.

Delle applicazioni dei funghi micorrizici e degli idrolizzati proteici in vigneto hanno parlato Leonardo Dragoni e Cristian Argenta di Italpollina. “L’utilizzo degli inoculi di funghi micorrizici nel trattamento delle barbatelle e nella concia dei semi da sovescio rappresenta un’importante innovazione in campo viticolo – ha raccontato Dragoni. Oltre a favorire l’attecchimento delle piante e la risposta del vigneto nel tempo, si modifica l’attività microbiologica del suolo e si favorisce la micorrizazione di impianti adulti”. Amminoacidi e peptidi prodotti con tecniche innovative di estrazione da materie prime vegetali selezionate sono stati l’oggetto della relazione di Cristian Argenta che ha spiegato come questi apportino alla pianta vantaggi agronomici e qualitativi, quali resistenza agli stress abiotici, miglioramento della fotosintesi e della qualità delle uve.

Da quando si è iniziato a parlare di sostenibilità ricercatori e agronomi hanno cominciato a lavorare in modo diverso per affrontare nuove sfide, come la riduzione dei fitofarmaci e il cambiamento climatico, cercando metodi e linguaggi comuni fino alla creazione di sistemi di qualità e certificazione a garanzia del consumatore. Questo il punto di partenza della tavola rotonda, moderata da Alessandra Biondi Bartolini, giornalista e membro del Consiglio delle Donne della Vite.

“È cambiato l’approccio stesso della ricerca – ha spiegato Laura Mugnai, patologa vegetale del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze – si guarda di più alla pianta, alle sue capacità di reagire, agli effetti della gestione colturale sulle patologie e al ruolo del suolo. È cambiata anche la domanda di ricerca che ci ha avvicinato alle esigenze degli agricoltori e dell’industria, ma che pone dei limiti in quanto sarebbero necessari più ricerca di base e progetti di durata adeguata per capire i meccanismi delle patologie, anche con una maggior integrazione di competenze scientifiche diverse”.

“Anche noi agronomi – ha affermato Marco Pierucci di Agronomi In Vigna e promotore del progetto europeo Life Green Grapes – grazie anche alle collaborazioni con il mondo scientifico abbiamo superato i due cardini limitanti e non sostenibili, nutrizione e difesa, su cui basavamo in passato tutti gli interventi. L’attenzione alla fisiologia della pianta e ai suoi ‘partner’ vegetali e microbiologici, alla sostanza organica nel suolo e alla induzione di resistenza che la rende in grado di reagire, ha permesso di limitare la difesa allo stretto necessario e anche di recuperare l’identità delle produzioni vitivinicole”.

“Quando realizziamo e curiamo un vigneto – ha sottolineato Valeria Fasoli nella veste di consulente viticolo e imprenditrice di FareVigneti – spesso facciamo scelte basate unicamente su criteri economici. Diversamente ritengo si debba tener conto anche di aspetti come l’armonia del paesaggio e il rispetto del luogo e di chi ne fruisce anche solo guardandolo. L’imprenditore, pur intervenendo sulla sua proprietà, modifica e impatta sul paesaggio che è un bene collettivo e della cui bellezza tutti possono godere. Dunque è un dovere sociale fare le nostre scelte anche pensando a parametri di tipo estetico, dal filo ai pali, al colore dei legacci o all’invadenza di uno scasso”.

Gli sforzi profusi per dare al consumatore prodotti con impatti minori e misurati si sono concretizzati in diversi progetti di sostenibilità ed è stato necessario realizzare uno schema di certificazione condiviso che li validasse. “Con il progetto che ha portato alla nascita di Equalitas – ha raccontato Stefano Stefanucci, direttore di Equalitas srl
– abbiamo cercato di scrivere uno standard specifico per il sistema vitivinicolo che spiegasse cosa significa essere sostenibile. La sostenibilità garantisce l’oggi senza compromettere il domani e l’abbiamo definita sulla base dei tre pilastri ambientale, sociale ed economico, considerando anche gli obiettivi raggiungibili connettendo soltanto alcuni dei pilastri che li rendono realizzabili, vivibili o equi. Abbiamo messo in evidenza però che la sostenibilità può esserci solo se tutte e tre le dimensioni sono in equilibrio. A garanzia del rispetto della qualità e di un obiettivo enologico vince la prassi meno impattante, ma il rispetto del prodotto deve esserci e secondo noi un vino non buono non è sostenibile”.

ASSOCIAZIONE DONNE DELLA VITE

CHE COS’È – È un’associazione nazionale senza fini di lucro aperta a tutte le persone fisiche, donne e uomini (tecnici viticoli, agronomi ed enologi, viticoltori, ricercatori, professori, giornalisti, sommelier, ristoratori, enotecari), legate al mondo vitivinicolo. Conta numerosi associati che rappresentano autorevolmente importanti realtà viticole ed enologiche, Enti di Ricerca e Università del nostro Paese. FINALITÀ E SCOPI – Diffondere e valorizzare la cultura viticola ed enologica, favorendo occasioni di incontro e formazione tra le varie figure professionali che operano nel settore. Svolgere il ruolo di anello di congiunzione tra mondo della ricerca e il fruitore finale della filiera viticola. Promuovere, valorizzare e tutelare la professionalità femminile del settore vitivinicolo in un’ottica di pari opportunità. Evidenziare, sostenere e diffondere gli aspetti di etica, estetica e bellezza legati al mondo della vite. Dare particolare rilievo ai principi di Sostenibilità e Tutela del territorio viticolo. ATTIVITÀ – Organizza attività culturali e formative, convegni, seminari, conferenze, incontri tecnici con interventi di ricercatori e tecnici di settore, ma anche degustazioni, mostre e spettacoli volti a favorire la diffusione e la conoscenza della cultura viticola ed enologica. Promuove e sostiene la ricerca scientifica di settore. www.donnedellavite.com

Fonte. Ufficio stampa Donne della Vite

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