Blog | 27 Agosto 2018 | Fabio Ciarla

E ora chiamateli bamboccioni! La ristorazione e il ruolo dei giovani

Un ministro, mi pare, li aveva definiti bamboccioni. Non c’è che dire, molti giovani in Italia stentano a prendere il volo, ma diciamoci la verità, la colpa non è solo della nostra cultura familiare. Molti sono i vincoli e gli ostacoli che circondano i nostri giovani, un mondo del lavoro spesso statico e quasi sempre poco meritocratico, basato perlopiù su posizioni di rendita.

Insomma l’Italia non è il Paese delle opportunità per i giovani ma… c’è un “ma” che emerge forte dalla ristorazione, dove tantissimi sono i casi di giovani e giovanissimi italiani in posti di responsabilità a casa nostra e all’estero. Basta leggere qua e là per trovare figure come quella di Vincenzo Donatiello, arrivato nel 2013 a soli 28 anni al Piazza Duomo di Enrico Crippa ad Alba (3 Stelle Michelin) come sommelier e ora responsabile sia della cantina sia della sala, ma anche quella di Maria Rosa Tartaglione, che da un piccolo paesino del Molise è arrivata ad essere Senior Sommelier al Marea di New York (2 stelle Michelin). Persone che ho avuto la fortuna di incontrare grazie al Progetto Vino di Collisioni, un appuntamento fisso che anche quest’anno mi ha regalato esperienze indimenticabili e la conferma che, nella ristorazione, davvero i giovani possono fare la differenza e crearsi un futuro su misura.


La prima conferma è arrivata alla Locanda del Pilone (1 stella Michelin), ristorante sulle colline di Alba creato dalla famiglia Boroli. Qui abbiamo terminato una delle intense giornate di degustazione di Collisioni 2018, edizione del decennale. Una cena splendida, sia per la bellezza delle sale sia per la bontà del cibo, arricchita dal racconto di Achille Boroli che con orgoglio ha sottolineato come lo staff di sala e di cucina avesse in media 30 anni. A fine serata ho chiesto di conoscere tutta la brigata, a cominciare dallo chef Federico Gallo (appena sopra i 30), il sous chef Luca Bendinelli, la direttrice di sala Sofia Brunelli, il sommelier Marco Loddo (che alza la media essendo il più anziano con i suoi 34 o 35 anni, non ricordo) per finire con il commis di sala Enrico Amadio (che invece la media la abbassa parecchio essendo poco più che ventenne). Un gruppo affiatato, professionale, sicuramente all’altezza della stella Michelin e forse capace anche di qualcosa di più. Ma i successi non arrivano dal nulla, neanche e soprattutto in questo campo. Mi fermo a chiacchierare con lo chef Federico Gallo, che mi racconta il suo percorso, iniziato quando era giovanissimo. Una voglia di conoscere e crescere che lo ha portato per quattro anni al ristorante La Parolina di Iside De Cesare, due anni al Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo ma anche all’estero, con un’esperienza importante in Messico nell’11° ristorante del mondo e negli Stati Uniti. A leggerlo a ritroso può sembrare un percorso facile ma pensatelo all’andata, quando da ventenne Federico ha preso la sua valigia ed è partito, sicuramente non per andare a dirigere una cucina ma magari, all’inizio, a lavare piatti, a guardare per imparare. Ecco, in questa ottica non dev’essere stato facile, quindi attenzione a pensare che solo perché si è giovani si ha diritto ad un’occasione. Non è questo il senso della storia. Anche se poi, magari, l’occasione arriva. Per Federico, e per la famiglia Boroli, è arrivata quando lo chef precedente ha deciso di lasciare la struttura con poco preavviso. Un momento critico, dal quale però è nata una stella, perché Federico – che in quel momento era il sous chef – ha ricompensato la fiducia ricevuta nella promozione a chef confermando già al primo anno la stella Michelin, così come poi ha fatto gli anni successivi.

Collisioni poi è sempre occasione di incontro e confronto, anche quest’anno a Barolo sono arrivati da tutta Italia (ad esclusione come sempre del mio Lazio, ma non perdo la speranza…), Puglia compresa. La cena nel cortile del Castello organizzata dal Movimento Turismo del Vino Puglia mi ha fatto scoprire un altro chef giovane e di successo, oltre che una incredibile capacità di realizzare a distanza piatti di grande pregio. Lui si chiama Alessio Di Micco, ha da poco compiuto i 30 anni ed è l’anima della cucina del ristorante “Corteinfiore” a Trani. I sapori sono quelli pugliesi nella versione più elegante e pregiata, il sorriso è quello di un giovane con la voglia e la capacità di far bene dopo aver girato, anche lui, per anni in tanti luoghi diversi della ristorazione.

Per qualcuno queste riflessioni risulteranno magari banali, d’altronde non è questo di certo un blog che si occupa regolarmente di gastronomia, eppure mi sembrava giusto dedicare tempo e spazio a esempi positivi per giovani spesso ammaliati dai talent dedicati al mondo della ristorazione. A loro va ricordato sempre che si arriva al successo solo tramite il lavoro, ma si può anche dire – portando esempi concreti – che se c’è la volontà di fare e imparare, in questo settore si può avere un’opportunità anche da giovani.

 

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